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A Torino non si scherza, intervista al poeta vivente Guido Catalano

Guido Catalano nasce a Torino nel febbraio del 1971. Di mestiere fa il poeta professionista vivente e la gente gliene è grata. I suoi libri di poesie hanno venduto più di trentamila copie e le sue performance live calcano i palchi di tutto lo stivale collezionando sold out. Alla fine, però, se ne torna sempre a casa, Guido, nella città della Mole e degli scoiattoli.

Perché tu a Torino, come recita una tua poesia, ci vivi, ci muori e poi ci resusciti?
Senz’altro perché a Torino ci sono nato e non me ne sono ancora andato, anche se una volta ci ho provato: andai a vivere in Svizzera per tutta la vita per amore e tornai due settimane dopo. Detto questo, Torino è una città dura e il verso che tu citi, tratto da “A Torino non si scherza un cazzo” parla di questo. Torino è una città che non è facile farcela ma se ce la fai ti fortifichi e non hai più paura. Ti fortifichi a tal punto che se le cose vanno male o malissimo sai reagire fino a risuscitare come quell’altro tipo famoso. Solo che a Torino non abbiamo aiuti dall’alto.

Guido Catalano, torinese doc, di mestiere poeta professionista vivente, ci porta a fare un giro della città con i suoi versi

Foto via Facebook

Le tue poesie nascono sempre a casa o prendi in prestito posti di questa città?

 Scrivo per lo più a casa. Però non disdegno i luoghi pubblici tipo bar, giardini, biblioteche. Dipende un po’ dal periodo e dal mio umore. Alle volte preferisco la solitudine, altre volte mi piace avere gente intorno. C’è la Luna’ s Torta, ad esempio, libreria/bar/ristorante in San Salvario, dove si fanno un sacco di cose belle. Ci vado spesso perché è molto piacevole. Uzzi e Aila, le proprietarie, hanno creato un’atmosfera davvero rilassante. La gente se ne sta lì, calma, e una cosa che mi ispira quando vado a scrivere nei posti è proprio quella: ascoltare e guardare la gente. Torino, poi, ha questa fortuna di avere un grande fiume che la attraversa: il Po, e il parco che lo costeggia, il Valentino, è in assoluto il mio preferito. Mi piace anche passeggiare per il quartiere di San Salvario, con i suoi locali. Ma se dovessi dire dove mi sento propria a casa dico Via Roma, quella strada centrale che collega Piazza Castello e la stazione di Porta Nuova. Lo dico perché è lì che sono nato.

In “Troia” scrivi: A me piace andare a mangiare da solo/solo quando non c’è mai nessuno/perché sennò penso che gli altri avventori pensano che sono uno sfigato. Quali sono i posti in cui star da soli a Torino?
Il kebabbaro è un ottimo posto dove mangiare da soli. L’ho fatto spesso soprattutto in passato. Ora non ne mangio da molto, ma per molto tempo il mio kebabbaro di fiducia è stato Horas, in San Salvario. A me piace mangiare all’aperto dunque mi capita spesso, nella bella stagione, di farlo, magari seduto su una panchina o al tavolino di qualche baretto del Valentino. Consiglierei di farsi una passeggiata in questo parco, soprattutto intorno a marzo, quando ci sono un sacco di scoiattoli impazziti che escono dalle loro tane credendo sia arrivata la primavera, corrono dappertutto e fanno l’amore: “ti porto al Valentino a vedere gli scoiattoli impazziti dalla primavera”, così finisce una mia poesia. È molto bello da vedere. Un’altra cosa che mi piace tantissimo fare è prendere l’ascensore che porta in cima alla Mole e fare su e giù. Vorrei far su e giù talmente tante volte che mi è venuto il desiderio di fare l’ascensorista. Davvero, a mio avviso quella è un’esperienza notevolissima, che chiunque dovrebbe fare più volte nella vita.


“Dicembre nella pioggia”, con il suo incontro tutto torinese con la vecchina con un enorme ombrello, prende forma fuori dal locale dove avevamo cantato suonato e recitato poesie. In tutti questi anni le tue parole hanno riscaldato centinaia di locali: quali sono quelli che proprio ti fanno dire che a Torino non si scherza un cazzo?
Il primo locale che mi porto nel cuore e in qualche altro organo fondamentale del corpo è il Caffè Liber di via Barbaroux. Ci feci i miei primissimi reading. Purtroppo non c’è più. Un posto che mi piace molto e a cui voglio bene è Lo Sbarco, in pieno San Salvario. Anni fa ci feci degli spettacoli piuttosto punk. Oggi ci vado a mangiare e a bere. Poi c’è l’Hiroshima Mon Amour, che è un posto per concerti rock. Andarci con un mio reading è stata un’emozione incredibile, anche perché io faccio spettacoli che stare in piedi per un’ora e mezza magari è pesante e la cosa bella che è successa è che la gente si è seduta per terra – uno è pure svenuto, sarà per quello che me lo ricordo così bene. A parte gli scherzi è bellissimo da vedere, tutta quella gente seduta ad ascoltare poesie in un club rock. Forse, però, il reading che mi è rimasto più impresso è l’ultimo. L’ho fatto al Teatro Colosseo, sempre in San Salvario, con 1500 persone. Negli anni, in effetti ho letto poesie in decine e decine di locali di tutti i generi e tipi, molti non esistono più, altri devono ancora nascere.

 

L'autore: Martina Merletti

Martina Merletti nasce nel 1992 e va fiera del suo nome allitterante. Nel tempo libero si è diplomata alla Scuola Holden, laureata in Agraria all'Università di Torino e ora lavora nel mondo dell’editoria per Zanichelli e nella ristorazione langarola. Vive una scissione continua tra le parole e i luoghi: la stanzetta buia dello scrittore e l’aria aperta, gli insettini, i prati montani. È ben felice, dunque, di poter unire le due cose e raccontarvi che aria tira in quel del Piemonte.

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