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Benvenuti a Bergamo, Giappone: un giro sulle tracce del Sol Levante

A ridosso delle mura delle città alta, a Bergamo, c’è un piccolo spazio in cui la cultura giapponese rivive in molti dei suoi ambiti, grazie all’associazione Kokoro. Kokoro, che in giapponese significa cuore, nasce a Bergamo il 13 luglio 2016 per volontà di Flavia Milesi, studiosa di lingua giapponese, e di un gruppo di signore giapponesi residenti in città e in paesi della provincia. L’obiettivo è quello di far conoscere il Giappone e le sue tradizioni attraverso corsi, mostre, conferenze, concerti, spettacoli e molto altro.

L'associazione Kokoro di Bergamo promuove la cultura giapponese organizzando corsi, incontri e percorsi nella città. Li abbiamo seguiti per un giorno

Foto di Mario Blaconà

Al mio arrivo mi aspetta Miwa, l’insegnante di calligrafia. Venticinque anni fa è arrivata qui per amore da Nagano, il paese che nel 1998 ha ospitato le Olimpiadi. Dopo essersi sposata con un bergamasco ha cercato di mantenere l’eco delle tradizioni nipponiche anche qui in Italia.

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Foto di Gianandrea Blaconà

“La calligrafia giapponese è piuttosto dispendiosa, oltre al pennello e all’inchiostro è necessaria anche la carta di riso, che qui da voi costa molto. Tutti i corsisti iniziano con la carta normale, e quando poi sono più sicuri cominciano con la carta di riso. È un’arte molto fragile”. Mi mostra come si fa: le dita tengono il pennello quasi sfiorandolo, rimango meravigliato di come questa fragilità di cui mi ha appena parlato si veda molto chiaramente sin da subito.

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Foto di Gianandrea Blaconà

Noto una serie di piccoli post-it attaccati al muro, su ognuno c’è scritta una poesia: “Sono haiku che facciamo scrivere ai nostri allievi, questo in particolare è composto da una rima 5-7-5, ed è stato scritto da Caterina, in occasione della Festa della Luna.” Se guardo verso la Luna/ Vedo un coniglio che gioca/ Mentre il vento sussurra ai giunchi. Chiedo a Miwa se conosce qualche posto a Bergamo che preservi e diffonda, oltre a Kokoro, la cultura giapponese. “Ce n’è uno che hanno aperto da poco, dove devo dire che si mangia molto bene, si chiama Haki”.

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Foto via Facebook

Prima di andare a pranzo però seguo il percorso letterario tracciato da Kokoro lungo le vie di Bergamo e arrivo alla libreria Ubik in via Borgo Santa Caterina, con cui l’associazione collabora spesso per la presentazione di libri sul Giappone. “Ho conosciuto Flavia Milesi durante uno dei suoi corsi, perché sono un appassionato di lingue e nella vita ho studiato il russo, il giapponese e un po’ di arabo. Tieni presente che Flavia è stata una delle prime a conoscere approfonditamente il giapponese in Italia” Mi racconta Roberto, il proprietario della libreria, una persona solare, che mi trasmette da subito quell’idea di bibliofilo militante, una figura che purtroppo negli ultimi anni sta lentamente scomparendo.

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Foto di Gianandrea Blaconà

“Abbiamo decine e decine di titoli di vario genere sul Giappone. Per dirti, un libro sulla spada giapponese non so quante librerie lo tengano. Flavia ha anche tenuto qui diverse letture di testi classici giapponesi, come Genji Monogatari, che è il testo fondatore della letteratura giapponese. Il nostro interesse continua, tant’è che ci saranno altre iniziative, come per esempio un corso di origami che stiamo organizzando”.

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Foto di Mario Blaconà

La libreria Ubik è uno spazio meraviglioso, centinaia di libri sembrano inglobare tutto lo spazio, regalando un’accoglienza quasi domestica: “Siamo orgogliosamente pieni di libri, che come vedi hanno una presenza magnificamente ingombrante”.

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Foto via Facebook

Salutato Roberto, prima di andare a trovare Yumi, l’insegnante di cucina di Kokoro, mi fermo davanti alla scuola elementare Scuri, dove alcuni membri di Kokoro hanno piantato nel giardino una pianta di cachi, in nome del Kaki Tree Project. “Nel 1945 a Nagasaki, un albero di cachi sopravvisse miracolosamente al bombardamento atomico. Noi consegnamo ai bambini di tutto il mondo le pianticelle di seconda generazione dell’albero di cachi sopravvissuto al bombardamento atomico, nate da quella pianta madre.” Così recita la targa di fianco alla pianta. Attorno ai primi frutti alcuni bambini giocano, in gruppo.

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Foto di Gianandrea Blaconà

Il quarto appuntamento, a concludere la mia giornata tra Bergamo e il Paese del Sol Levante, è con Yumi, simpaticissima insegnante di cucina di Kokoro, che tredici anni fa ha cominciato a fare avanti indietro tra Giappone e Italia, perché innamorata della nostra cultura, prima, e  poi anche lei di un bergamasco. Dopo essermi interrogato per un attimo riguardo l’ascendente bergamasco sulla popolazione nipponica ascolto Yumi, che mi racconta un sacco di cose interessanti e poco note sulla cucina tradizionale giapponese. “Partiamo dal presupposto che io non insegno a cucinare il sushi, perché la vera cucina giapponese non è solo quello. È come se in Italia si mangiasse solo pizza. La dieta giapponese in verità è molto varia, come quella mediterranea, mangiamo molta verdura, cereali, carne e pesce. Non a caso infatti abbiamo la popolazione più longeva del mondo (subito prima di quella sarda)!”.

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Foto via Facebook

Yumi insegna ai suoi studenti come preparare un pranzo o una cena casalinga giapponese, che si compone in un’unica portata, con al suo interno il primo, il secondo, e una porzione di riso che sostituisce il nostro pane. Trovo molto diversa Yumi da Miwa, che invece conserva quella tipica timidezza del popolo giapponese. Yumi, al contrario, è molto spontanea e ciarliera, anche se quando si accorge di aver sbagliato una parola si mette le mani sulle guance, e questo non può altro che portarmi alla mente gli anime giapponesi, anche se mi rendo conto che può sembrare un luogo comune, ma tant’è.

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Foto di Gianandrea Blaconà

Chiedo anche a Yumi se le viene in mente il nome di un ristorante giapponese a Bergamo dove si mangi bene. Mi risponde esattamente come Miwa: “Da Haki”. Così raggiungo il ristorante, la costruzione è interamente fatta di vetro, e dentro il locale è gremito di persone, la maggioranza delle quali di origine asiatica. Mi faccio servire una semplice zuppa di miso, non so perché ma dopo i racconti di Yumi decido per una volta di non prendere il sushi. Anche se il menù comprende salmone con verdure marinate al Kimchi, ventresca di tonno battuta al coltello con wasabi fresco e per finire vegan roll di avocado, carote, pomodorino confit, soncino e zucchina. La zuppa è buonissima e calda. Ci vuole, perché fuori comincia a fare parecchio freddo.

L'autore: Mario Blaconà

Documentarista e critico cinematografico, lavora presso il Centro Culturale San Fedele di Milano e collabora con filmidee, The Submarine e Cultweek. Gli piace il post rock e il cinema sperimentale americano e italiano.

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