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Mantova è un’isola: cinque paesaggi in mezzo al lago più uno di Bruno Munari

Mantova è un’isola in mezzo al lago. In un certo senso. Il senso figurato lo capirà chi ha provato a raggiungerla in treno, partendo da qualche grande città non troppo distante (Milano, Bologna, Venezia) con uno di quei treni vetusti, sporadici e condizionali, che ricordano i vecchi traghetti che dalla terraferma permettono di raggiungere certe piccole isole del Mediterraneo. In senso reale invece Mantova è un’isola solo per tre quarti. Nel senso che è circondata d’acqua da tre lati su quattro. Una volta anche il quarto lato si poteva inondare alla bisogna, trasformando Mantova in un’isola per davvero, e dunque in una fortezza praticamente inespugnabile. Il trucchetto funzionò per qualche secolo, poi arrivarono Napoleone e l’artiglieria moderna e non funzionò più. Ma gli ci vollero comunque tre assedi prima di riuscirci. Ed era Napoleone, mica uno qualunque.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Ma torniamo a noi: Mantova è circondata d’acqua da tre lati su quattro. Da tre laghi, per la precisione. In realtà non sono proprio laghi, ma il fiume Mincio adeguatamente allargato e addomesticato da secoli di opere idriche per bonificare la palude su cui è sorta la città primigenia. Da qualche secolo la palude non c’è più ma per la verità il clima è rimasto. “Londra d’inverno, Saigon d’estate”, così spiego il clima mantovano a chi non lo conosce. Di solito ridono, a questa battuta. Ma è vera. Comunque dicevamo: Mantova è circondata d’acqua. Da tre laghi, per la precisione. E sulle rive di questi laghi (didascalicamente chiamati “superiore”, “di mezzo” e “inferiore”) possiamo rintracciare le molte Mantove che convivono: quella storica e monumentale, quella popolare, quella (post)industriale, quella nascosta e quella frivola e quotidiana.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Mantova ha un porto, un porticciolo. Si chiama Porto Catena ed è sul lago inferiore. Una volta era la porta della corte dei Gonzaga sul mondo. Le merci e le notizie partivano giù per il Mincio, e poi sul Po, fino a Venezia. E da lì verso il mondo. Ora da qui partono le barchette dei pescatori (pochi, a dire il vero: il lago è irrimediabilmente inquinato da decenni di attività della raffineria che sorge proprio di fronte all’imboccatura del porto) e i barconi che accompagnano i turisti tedeschi in bicicletta lungo la solita vecchia strada: giù per il Mincio, e poi sul Po, fino a Venezia.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Una delle cose migliori che si possono fare a Mantova è semplicemente sedersi sulle gradinate naturali del Campo Canoa, a guardare il maestoso skyline della città disegnato dal castello di San Giorgio, il campanile di Santa Barbara, la cupola di Sant’Andrea e le torri dello Zucchero e della Gabbia. Occhio alle zanzare che si levano al tramonto però.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Se, in una giornata limpida, dalla sponda cittadina del lago di mezzo si guarda verso nord, si può vedere il Monte Baldo e i primi contrafforti delle Alpi, che sormontano il Lago di Garda. Il più delle volte però non si vedono, perché di giornate limpide, a Mantova, ce ne sono poche.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Una delle prospettive più misconosciute della città è quella che si ha dalla selvaggia sponda del lago di mezzo che, di fronte alla città, si stende dal ponte di San Giorgio (dalla verdiana Rocca di Sparafucile) a quello dei Mulini, a Cittadella. Questo posto i mantovani lo chiamano “al büs dal gat”, il buco del gatto, vai a capire perché. Un angolo tranquillo e isolato (in effetti una volta luogo di incontri equivoci) dove sedersi a contemplare la città.

Mantova è una città d'acqua. Sulle rive di ogni lago si specchiano le sue personalità: monumentale, popolare e (post)industriale, frivola e quotidiana.

Foto di Benedetta Zecchini

Sulla riva del lago superiore, tagliato fuori dalla città dalla ferrovia c’è il parco più bello di Mantova (potreste non essere d’accordo con me, ma vi sbagliereste). È il parco di Belfiore, che sorge sul luogo dove furono giustiziati gli omonimi martiri risorgimentali. Tra alberi di altezza imponente corrono piccole stradine buone per il running a primavera (quando ci si accorge dell’allarmante vicinanza dell’estate) e per solitarie passeggiate pensose d’autunno.

Questi sono cinque paesaggi di Mantova che, da entrambe le sponde, si affacciano sul lago. Un rimpallo di prospettive a cui, in queste foto è stato aggiunto, in modo del tutto analogico, qualcosa in più grazie a Più e meno, il gioco di trasparenze creato da Bruno Munari e Giovanni Belgrano nel 1970.

L'autore: Ton Vilalta

Ton Vilalta, catalano di nascita, da più di 10 anni vive e lavora a Mantova, dove si occupa di editoria, comunicazione e organizzazione di eventi culturali, non avendo il fisico per fare quello che davvero avrebbe voluto: il ciclista professionista. Quando ha qualcosa da scrivere lo fa su diverse testate in Spagna e in Italia.

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