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Barakin de Barcola: l’oasi fuori dal tempo, e poco fuori Trieste

Quando nel 2008 Davide e Sergio rilevarono un baracchino sul lungomare di Trieste, la loro idea era semplicemente quella di creare un posto perfetto dove poter andare loro stessi a bere e a rilassarsi.
Entrambi appassionati di viaggi, Sergio veniva da anni passati all’estero con esperienze di mercatini sulle spiagge della Spagna, mentre Davide si stava laureando in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità e lavorava come barista.

Foto di Cristina Ki Casini

Da questa voglia di ritagliarsi un posto su misura, nasce il Barakin de Barcola. Una sorta di oasi fuori dal tempo che sembra racchiudere l’energia, e la spensieratezza, di tutti quei posti che ognuno di noi sogna quando è incastrato in qualche lavoro opprimente o situazione costrittiva.

Foto di Cristina Ki Casini

Stare seduti lì a bere qualcosa, sotto la fresca ombra dei pini, con le conchiglie che fluttuano sopra la tua testa, mentre guardi il mare ti fa viaggiare stando fermo. E si sente che è un posto vero, messo assieme pezzo a pezzo con passione.

Foto di Cristina Ki Casini

Sergio mi racconta infatti che molti oggetti di arredo e cose che decorano il Barakin sono state raccolte durante i viaggi fatti in giro per il mondo. Thailandia, Marocco, Turchia, India, Spagna. Altre sono state regalate. Come le decorazioni appese e fatte con cuoio e conchiglie da Max, un loro amico artista e artigiano.

Foto di Cristina Ki Casini

Il Barakin è una bolla spazio-temporale che si apre ad Aprile per poi chiudersi a Settembre. Situato tra la pineta e il lungomare dove le persone prendono il sole, questo miraggio si trova appena fuori Trieste (di cui si gode una splendida vista). La sera poi, oltre alle luci della città e delle navi, si può vedere anche il fascio circolare che il faro lì vicino proietta attorno a sé.

Foto di Cristina Ki Casini

Ma soprattutto il Barakin de Barcola è un mood. Davide mi dice che qui tribù sociali, che raramente in città condividono gli stessi spazi, riconoscono il Barakin come un loro posto, lasciandosi trasportare dalla semplice norma del quieto e rispettoso vivere in relax. Filosofia che il Barakin ha incentivato mettendo tavoli tondi da condividere, ma anche attraverso piccole iniziative di partecipazione, come la proposta di bonifica dai mozziconi di sigaretta che fece anni fa: “Se ci porti un bicchiere di mozziconi di sigarette, ti diamo un bicchiere di spritz”.

Foto di Cristina Ki Casini

Questo senso di appartenenza e di apertura che i loro gestori sentono e che trasmettono a chi condivide il loro spazio, porta inevitabilmente a una partecipazione spontanea e propositiva da parte di chi lo frequenta.

Foto di Cristina Ki Casini

Così, oltre a Max che regala i propri manufatti, accade che anche un amico pescatore proponga la propria rete da pesca da tendere da un albero all’altro, et voilà, ecco un campo da pallavolo. Se qualcuno vuole suonare, semplicemente si propone e se rientra nei gusti del Barakin, scatta il concertino tra amache e pini.

Foto di Cristina Ki Casini

Una delle caratteristiche identificative del posto è nata proprio da questo tipo di compartecipazione. Tempo addietro un amico gli aveva regalato un paio di vecchie stuoie e, una volta messe a terra, si erano accorti che la cosa piaceva molto. Così Sergio ne porta un bel po’ dal Marocco e Davide dalla Turchia. E adesso basta prendere da bere, chiedere una stuoia e puoi metterti dove ti pare. Idea perfetta per chi ha voglia di ritrovarsi in gruppo senza i soliti problemi di non trovare un tavolino o dei posti a sedere.

Foto di Cristina Ki Casini

Le stuoie, oltre che molto belle, sono enormi e uno dei rituali che si sono diffusi, è quello di andarsi a prendere una pizza da asporto lì vicino, una caraffa e una stuoia al Barakin e farsi una bella cenetta e ulteriore bevuta con il tramonto sul mare. Ed ecco un’altra cosa particolare: le caraffe di spritz o di birra, perfette da condividere o semplicemente per gran bevitori (che a Trieste non mancano!).

Foto di Cristina Ki Casini

Insomma il Barakin de Barcola ha tutto. Vista mare, fresco della pineta, divani, sedie, sgabelli, panche e tavolini, di tutte le misure e fatti a mano da un amico falegname. Ci sono pure le amache! Rete da pallavolo, tavolino da ping pong, posto dove prendere il sole e per fare una nuotata. Puoi farti pure un bagno di mezzanotte proprio lì di fronte.

Foto di Cristina Ki Casini

Infine, un’enorme selezione musicale che, come Davide ci racconta, si divertono a proporre secondo il mood o il clima. “Musiche da vento, da tramonto, da caldo africano”. Devo dire che quando sono passata in bici la prima volta sul lungomare, è stata proprio la musica a fare da pifferaio magico e a farmi fermare. Mi ha colpito subito il Barakin.

Foto di Cristina Ki Casini

Sedersi lì e guardare il mare. E si è già lontani mille miglia da tutti i problemi.

L'autore: Cristina Ki Casini

Filmmaker e insegnante. Dopo un percorso in Lettere e Discipline dello Spettacolo, si laurea in Teoria e Tecnica dei Mezzi Audiovisivi a Pisa. Frequenta la scuola Ipotesi Cinema di Ermanno Olmi e la Masterclass Farecinema di Marco Bellocchio. Lavora per diversi anni presso il Festival dei Popoli di Firenze, come responsabile della formazione e insegnante, poi come responsabile della web tv. Ha inoltre insegnato allo IED (Istituto Europeo di Design) a Venezia e a Milano, all’interno del corso diretto da Silvio Soldini Il Documentario Come Sguardo. Al momento vive a Trieste dove sta lavorando al suo primo lungometraggio e conduce Visioni Personali, un laboratorio di formazione sul cinema documentario. Nel 2016 con il corto TRA LE DITA vince il Globo d’Oro, Premio della Stampa Estera come miglior cortometraggio e altri 18 premi in giro per festival italiani e internazionali.

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