Sono scintille diverse. Ieri metallo incandescente, oggi 2750 persone, luci e un centinaio di decibel. Torino, OGR Officine Grandi Riparazioni, 9.000 metri quadrati e quasi un secolo e mezzo di storia alle spalle.
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Nel 1895, in questa mastodontica struttura, 2000 operai iniziavano a riparare locomotive e carrozze dei treni. Nel 1992, quando il cuore industriale della capitale sabauda batte i suoi ultimi colpi, gli stabilimenti vengono dismessi.
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Che fare, dunque, del grande gigante di Corso Castelfidardo 22? La parola d’ordine è demolizione, sventata, però, all’ultimo minuto da una variante del piano regolatore.
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L’edera rosicchia i mattoni rossi dell’edificio da parecchi anni quando, nel 2008, prende vita un ambizioso progetto di ripatrimonializzazione della struttura. L’idea è di sfruttare le radici del passato per nutrire il presente, dimostrando che nelle antiche fondamenta delle OGR scorre linfa vitale adatta a nutrire la città di oggi. Così, dopo mille giorni di cantiere, riapre, tripartita, la manica Nord.
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L’antica Sala Fucine è stata trasformata in un’enorme piattaforma per concerti e spettacoli e la sensazione che ho, entrando nella vastità della sala, è quella di camminare come Pinocchio nel ventre di una balena.
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Con i suoi soffitti di 19 metri, utili a collocare verticalmente i vagoni da riparare, il Duomo mi toglie il fiato: è il cuore pensante di Officine Nord, ospita workshop, tavole rotonde e conferenze.
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Foto di Marina Merletti
L’area denominata Binari, invece, è dedicata alle arti visive e all’allestimento di mostre. L’eco del lavoro, il sentore dell’anima operaia di questa città trasuda dall’immensità del vuoto tra un elemento architettonico e l’altro. Ancora una volta, in questo vuoto, rimpiango di non essere riuscita a sentire Giorgio Moroder.
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E non finisce qui: nel transetto centrale si trova Snodo, un luogo di svago dove, dal caffè mattutino al cocktail serale, ogni ora è buona per prendersi una pausa e sfruttare il grande fascino di questa struttura.
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Foto di Marina Merletti
Provo a sedermi al social table: 25 metri di tavolo da condividere gomito a gomito con studenti del Politecnico, professionisti e spensierati. Subito tutto questo avvenirismo mi mette in soggezione: posso?, sarà davvero anche per me?, viene da chiedermi. Ora, una volta presa confidenza, rischio l’assuefazione.
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Foto di Marina Merletti
Dal bar alla terrazza, passando per il suggestivo murale di Arturo Herrera, tutto sembra costruito per nutrire pensieri, progetti e relax. Come se non bastasse, sta per aprire i battenti la manica Sud che, dalla primavera del 2018, ospiterà un hub per la produzione di conoscenza.
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Foto di Marina Merletti
Torino è così, una città europea resiliente, che non cancella ma integra. Una città pulsante e partecipata che tesse il futuro intrecciando i fili della sua storia in una trama che vuole essere vissuta.
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Foto di Lorenzo Giubergia
Le OGR sono un esempio virtuoso, ma l’intera città ne è costellata, a partire dalla Mole, inizialmente concepita come Sinagoga e solo in un secondo momento convertita in monumento e sede del Museo del Cinema.
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Foto di Lorenzo Giubergia
Insomma, date un occhio alla programmazione OGR, perché un buon proposito per l’anno nuovo potrebbe essere quello di fare un salto da queste parti.