Esistono le trombe d’aria. Esistono venti che senza un motivo preciso finiscono per scontrarsi, avvolgersi e tirare via tutte le cose apparentemente attaccate al suolo. Esistono alcuni temporali che ti sollevano da dove stavi. All’Home Festival l’anno scorso è andata così. Un anno di lavori per rendere pochi giorni più speciali degli altri, e poi, proprio quei giorni, una tromba d’aria porta tutto sottosopra.
La notizia della sfortuna della scorsa edizione dell’Home è girata molto, ma io sono abbastanza stordito da non saperla ancora. Mi ha raccontato tutto Self.on.fire, l’artista trevigiano che vive in giro per l’Europa da quando ha finito le superiori: Milano, l’Olanda e ora Lisbona. Lui non sembra affatto uno con i piedi per terra. O almeno, non sembra uno di quelli con il problema di avere i piedi per terra. Ti fissa negli occhi e ti fa lui le domande, senza lasciarti nemmeno il tempo di formulare una specie di intervista.
I suoi disegni in questi giorni decorano i gadget bianchi e le scarpe di SUN68. Sono forme colorate, facce, personaggi animali. Sta imbrattando qualsiasi cosa circostante con gli indelebili colorati.
Le sue creature vengono da simbologie diversissime, Sudamerica, Asia, popoli italici pre-latini. Self si trova tranquillo in tutto il tempo e in tutto lo spazio. Anche per questo, forse, ha contribuito con i suoi compatrioti di Home Festival, a ricreare qualcosa di nuovo dopo il tifone, a partire dal tifone.
Mi racconta che tutto il rinnovamento di estetica che Home ha iniziato per la nuova edizione, ruota proprio attorno al tifone: alcuni personaggi volano in cerchio sui volantini e tutti simboleggiano, per diversi percorsi, il buon auspicio, la positività, il contrario della presa male insomma.
Li ha disegnati lui quei personaggi, molti guarda caso sono alati, creature che potrebbero farci surf in una tromba d’aria. Per trasformare la sfiga in energia.
Energia è anche una parola che descrive bene il piccolo live acustico dei Manitoba, un giovanissimo duo lei-lui volato da Firenze a Milano. Prima di salire sul palco mi confessano di essere entrambi studenti di filosofia. Sentendo Giorgia cantare e Filippo suonare penso a un Vasco Rossi sdoppiato e reso un pelino più elegante. L’intuizione si rivela sensata quando i Manitoba suonano una cover del Blasco. Faccio dei complimenti alla chitarra acustica di Filippo e scopro che è un regalo di Giorgia.
Intanto arrivano uno dopo l’altro i Selton, si ambientano e prendono qualche birretta. Tra poco saliranno sul palchetto in vetrina che Home Festival ha allestito in Via Tortona, per il primo DJ set della serata. Sembrano un po’ dei personaggi di Self, adatti a prendere il volo da un momento all’altro. In effetti l’aria è una dimensione che contraddistingue pure loro, non solo per la volatilità danzereccia del loro pop, ma proprio per la loro vita, avanti e indietro tra Italia e Brasile.
I Selton, infatti, sono ottimi inquilini del quartiere di Loreto a Milano, ma vengono da Porto Alegre. Mi raccontano che — da quando hanno iniziato a girare anche il Brasile per suonare — capita spesso di addormentarsi in aereo e non ricordarsi in che direzione si sta andando, se si parte o si torna.
Gli Zen Circus riesco solo a incrociarli, sul tardi tocca a loro infuocare gli animi, devo proprio scappare, sono alla terza birra e già in ritardo, ma va bene così. La foto che avrò in testa sarà questa. Lascio il pop-up di Home Festival inforcando una Mobike, c’è un clima tiepido, tante persone che sorridono in mezzo alla strada e sembra stavolta che l’inverno sia finito. Oltre ai tifoni, esiste la brezza.