In famiglia dicevamo “il parco dietro la stazione” per intendere il parco di Villa Gomes. Era un’espressione che i miei genitori avevano adottato per farmi capire di cosa parlavano, in un’epoca in cui le strade cittadine non si erano ancora fissate nella mia geografia mentale. La stazione è quella di Lecco Maggianico, uno dei rioni di cui si compone la città (tutti con nomi strani o pittoreschi, ad esempio Laorca, Castello, Acquate…). Per chi arriva in treno da Milano, Maggianico è una specie di sosta di benvenuto. Di solito sono ben pochi quelli che salgono o scendono qui, ma la fermata dà il tempo di allargare il respiro davanti alle montagne – almeno così è per me, ogni volta che mi lascio la pianura alle spalle.
Il parco si trova proprio dietro la stazione, lo si intravede facilmente. O meglio, si vedono, sempre, alcuni ragazzi che giocano a pallone dietro la recinzione, mentre altri improvvisano gare di corsa, con esultanza finale. Secondo la mia esperienza, mancano solo nei giorni di pioggia.
Oggi Villa Gomes, o “Gomez” per i lecchesi più anziani, ospita l’Istituto Civico di Musica e una Biblioteca interamente dedicata a quest’arte. Nel parco, soprattutto in estate, sono organizzati dei concerti e capita di trovare ragazzi che, nel pomeriggio, si esercitano suonando le percussioni – alcuni suonano e fanno stretching contemporaneamente, come ci riescano rimane un mistero.
La storia della Villa spiega perché questo luogo sia così legato alla musica: l’edificio è stato costruito a fine Ottocento per un musicista brasiliano, Antonio Carlo Gomes, che ha voluto fare della sua nuova casa un rifugio per artisti e letterati. Ad esempio, Antonio Ghislanzoni, lecchese illustre, amava trascorrerci del tempo insieme ai suoi amici della scapigliatura milanese.
Ovviamente, quando da bambina ho cominciato a frequentare il parco non sapevo nulla delle sue origini; sapevo, però, qual era l’angolo in ombra più adatto per sistemare il mio secchiello, precisamente tra un gruppo di palme e un’ala della villa. Lo riempivo d’acqua e dentro ci mettevo a galleggiare i gambi del tarassaco, aperti a raggera. Mi piaceva osservare il modo in cui si arricciavano.
Da Villa Gomes al parchetto Nicholas Green la strada è lunga, se la si percorre a piedi; è meglio perciò prendere la macchina, o proseguire con il treno fino alla stazione di Lecco. Il piccolo, minuscolo spazio verde si trova infatti in Via Appiani, una traversa di Corso Martiri.
Benché il parco sia vicino al cuore della città, sono pochi quelli che approfittano della sua ombra ed è dunque il posto ideale per leggere un libro in tranquillità, chiacchierare con qualche amico o farsi un sonnellino. Di sabato, che a Lecco è giorno di mercato, vi si vedono scorrazzare alcuni passeggini, spinti da mamme affannate e cariche di borse. Il Nicholas Green è un luogo gentile: ci offre un po’ di riposo, con discrezione, senza imporsi con la sua grandezza o la maestosità dei suoi alberi.
Se da Corso Martiri ci si sposta verso Piazza Manzoni e, da qui, verso il centro di Lecco, si può passare per via del Pozzo, una sorta di nicchia affacciata sulla piazza principale della città, in cui si trova un piccolo pozzo di marmo, circondato da case che sembrano essere state costruite apposta per fargli la guardia.
Tornati sulla piazza, si nota invece una casa il cui balcone è un tripudio di fucsia, rosso e bianco. Confesso di aspettare ogni anno la bella stagione anche solo per vedere tornare i colori sulla pietra di questo balcone.
L’estate torna ad animare anche il parco di Via Cadorna, affacciato sul lago. Vi si trova un bar-ristorante, da Fritz, dove ci si può riposare gustando una bibita fresca, oppure si può pranzare con una pizza o un piatto fresco, come il classico prosciutto e melone.
Nelle sere di fine estate, poi, il lago porta in questo punto della città gli odori dell’autunno imminente, ancora mescolati alla dolcezza esplosa della stagione al termine. Lecco sembra raccogliersi tutta qui, mentre il caldo viene ceduto lentamente dalla terra all’acqua.