Chi conosce Parma lo sa, è una città bellissima dalla doppia anima: c’è quella raffinata e alla moda del centro, all’ombra del Duomo e di via Farini dove il fighetto staziona per l’aperitivo con il bicchiere di prosecco fra le mani e poi c’è quella più popolare e variopinta, lontana solo qualche centinaia di metri, oltre il fiume, nel quartiere Oltretorrente.

Foto di Mariagiulia Bertucci
L’Oltretorrente è il posto in cui i biciclettai ti aggiustano ancora l’Atala col cestino in vimini, le rezdore comprano la frutta da Gurpree, l’ortolano indiano, e le case sembrano uscite da un quadro di tardo Ottocento. L’Oltretorrente è il posto dove io mi sento a casa.

Foto di Mariagiulia Bertucci
Come in ogni quartiere popolare, anche in questo caso non tutto è luce e le ombre spesso rischiano di rovinare la nomea dell’intera zona, eppure, qui, sono molte le gemme da riscoprire. Ecco le mie preferite.

Foto di Mariagiulia Bertucci
Nascosto al secondo piano di una corniceria, in via Nino Bixio, c’è l’atelier “I cachi”, ospitato all’interno della Galleria Rizomi. La Galleria Rizomi è la prima galleria di art brut italiana, espressione che raccoglie sotto il suo nome tutte le creazioni di artisti autodidatti che non sentono il peso delle convenzioni sociali o delle correnti preesistenti. L’art brut è arte libera e per comprenderla basta entrare in questo atelier dove salute mentale e arte contemporanea si incontrano. Qui non ci sono operatori sociali, né personale medico in camice bianco, ma solo persone valutate come artisti e non come anime fragili.

Foto di Mariagiulia Bertucci
Vi invito quindi ad addentrarvi nella corniceria, salire le scale e visitare la mostra in corso, dedicata a La metamorfosi di Kakfa. Caterina Nizzoli, presidente dell’associazione di promozione sociale Artètipi e responsabile dell’atelier, vi presenterà le opere esposte e l’intero progetto.

Foto di Mariagiulia Bertucci
A pochi metri dalla statua di Filippo Corridoni, nel piazzale omonimo, sorge un altro importante monumento: è l’orologeria Ferrari, aperta nel 1922, con i suoi 96 anni di attività è il negozio più antico di tutta Parma.

Foto di Mariagiulia Bertucci
Oggi, alla guida della bottega storica c’è Michele Ferrari, nipote del fondatore Luigi, che ha imparato il mestiere da bambino, quando in bottega giocava smontando gli orologi. È la memoria storica del negozio, ma soprattutto del quartiere: “Qui in Oltretorrente c’è il cuore pulsante della città, gli snob sono sempre rimasti dall’altra parte” e quando Michele parla di “altra parte” intende “De d’la da l’acqua”, al di là del torrente, come si dice qui.

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Infine, In Strada Inzani, a pochi passi da via D’Azeglio, c’è l’Osteria Virgilio. L’insegna esterna è rimasta quella di un vecchio laboratorio di restauro. Virgilio Buratti Zanchi l’ha lasciata esattamente com’era un tempo e non credo sia un caso, perché facendo quattro chiacchiere con lui si capisce subito che per Virgilio l’osteria va trattata con lo stesso rispetto con cui un restauratore tratta le sue opere. La cucina è quella tipica della tradizione, con qualche variante sul tema (come la trippa al cavolo nero, specialità della casa) ma la differenza con gli altri locali sta nella cura di ogni singola portata. Virgilio tocca la materia prima come un intagliatore tocca il legno, conosce personalmente i produttori dietro a ogni ingrediente che serve in tavola, sceglie e propone solo ciò che lo rappresenta.

Foto di Mariagiulia Bertucci
Dentro ai suoi piatti c’è la sua storia, quella di un ragazzo che da Biella è arrivato a Parma prima per studiare agraria, poi per lavorare la terra in Appennino e che ha usato tutte le sue conoscenze per trasformare la sua passione in un locale autentico e puro. Virgilio ama definirsi un oste resistente, resistente alle mode passeggere e a chi cucina seguendo il gusto del momento. Resistente, proprio come il quartiere che lo ospita, l’Oltretorrente.