“Sono quasi tutti giovanissimi: risparmiano settimane, anche mesi e poi arrivano in negozio sapendo alla perfezione il modello che vogliono, il numero e anche il prezzo”. L’identikit lo stila Matteo, responsabile di un negozio di abbigliamento. Lui non è di Milano, ma ha organizzato un weekend in città con un solo obiettivo: fare un giro da Sneakerness.
Come si intuisce dal nome, Sneakerness ruota intorno a quella che nel secolo scorso era barbaramente chiamata “scarpa da ginnastica”, ma che da tempo è ormai diventata un oggetto capace di trasformarsi in status symbol. A Milano, nel weekend del 6 e 7 ottobre, c’è stata la prima edizione italiana di Sneakerness, convention che dalla scorsa primavera ha già fatto tappa a Zurigo, Amsterdam, Londra, Parigi e Varsavia.
Nell’atmosfera post-industriale dei capannoni di Fabbrica Orobia, sono stati allestiti stand molto minimali, su cui sono esposte centinaia di scarpe. Non le normali scarpe che potreste trovare in qualsiasi negozio, ma esemplari prodotti in poche decine di pezzi, con conseguente prezzo stellare: difficile scendere sotto i 400 euro, con modelli che superano anche i mille.
“Certo, le uso – racconta Stefano, uno dei partecipanti – ma ovviamente quando le compro so che non sto acquistando una semplice scarpa. È più come un pezzo di design”.
E come per i pezzi di design la parola d’ordine è unicità, che deriva dalla tiratura iper-limitata o dalla personalizzazione dell’oggetto: mentre ci aggiriamo tra gli stand, alcuni ragazzi sono in fila per farsi decorare le scarpe da Nanà Dalla Porta, che trasforma sneaker bianche nell’habitat perfetto per i suoi scheletri stilizzati. Altri aspettano il proprio turno per customizzare il proprio cappellino NBA, perché ciò che conta è distinguersi dalla massa, mettere le mani su un prodotto che permetterà di essere diversi.
Da un altro punto di vista, è in fondo lo stesso approccio di un espositore che sembra un pesce fuor d’acqua a Sneakerness: si tratta di Anonima Calzolai, sorta di associazione carbonara che riunisce artigiani attivi nel settore da decenni, che si sono uniti per un progetto che può sembrare strambo, ma in realtà è geniale.
“Prendiamo i modelli più celebri di sneaker e li riproduciamo artigianalmente, con cuoio, pelle e cuciture fatte a mano, rispettando le regole della calzoleria di una volta”. A parlare è Alberto, ideatore di Anonima Calzolai, che all’interno di Sneakerness terrà anche brevi dimostrazioni di come si lavora il cuoio. “Produciamo circa 35-40 paia all’anno – continua Alberto – esclusivamente su commissione”.
E si ritorna ancora a quella ricerca del pezzo unico che in fondo è il motivo stesso dell’esistenza di tutta Sneakerness.