A Mantova i turisti di solito si muovono su un asse che taglia a metà il centro storico. Una linea piuttosto dritta di un chilometro scarso che va da Piazza Cavallotti, di fronte all’Ottocentesco Teatro Sociale, e risale Corso Umberto I, per attraversar le piazze Mantegna, Erbe, Broletto e Sordello fino ad arrivare al Castello di San Giorgio.

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Su questo asse, l’infilata di capolavori artistici e architettonici (la Basilica di Sant’Andrea, la Rotonda di San Lorenzo, il Palazzo della Ragione con la Torre dell’Orologio, la Torre della Gabbia, il complesso di Palazzo Ducale) è tale da dare al visitatore occasionale una certa vertigine, ma anche l’impressione che le bellezze di Mantova abbiano poco a che fare con la modernità. Eppure se ci si spinge appena fuori da questo asse, a due minuti a piedi da quel capolavoro dell’Alberti che è la facciata rinascimentale di Sant’Andrea, si può scoprire una roccaforte della contemporaneità come la casa editrice-galleria Corraini.

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Si trova in via Ippolito Nievo, a pochi passi da Piazza Mantegna, eppure è difficile, capitarvi per caso. E anche se vi imbattete nella piccola insegna che ne indica l’ingresso, ci vuole un certo coraggio per superare la timidezza e varcarne la soglia. Ma ne varrà la pena.

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La Galleria Corraini è stata fondata nei primi anni Settanta da Marzia e Maurizio Corraini a Mantova, nella profonda provincia lombarda, lontano dai salotti buoni dell’arte contemporanea di Milano.

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E, alla faccia del provincialismo, in questi 40 anni a Mantova hanno portato a lavorare con loro molti dei protagonisti dell’arte contemporanea italiana, del design, dell’illustrazione, della fotografia e del mondo dell’editoria per bambini, mescolando discipline senza troppa riverenza, con risultati spesso stupefacenti. Insieme a un gigante del Novecento come Bruno Munari, con il quale hanno collaborato per oltre vent’anni, a Mantova hanno progettato libri, collane, mostre e laboratori, e avviato un lavoro che li ha portati oggi ad essere riconosciuti un po’ in tutto il mondo.

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Lo spazio di via Nievo è il riflesso di questo desiderio di mescolare cose e mettere in relazione generazioni e linguaggi diversi. Si trova all’interno di un palazzo storico, decorato dagli affreschi del pittore Giuseppe Canella, risalenti ai primi dell’Ottocento. In mezzo alle bucoliche scene di campagna, inserite in cornici classicheggianti formate da finte colonne e tende sollevate a mo’ di sipario, i grafici ed editor della casa editrice lavorano per dare alle stampe dei libri tutt’altro che classicheggianti.

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Nelle altre sale della galleria le mostre temporanee dialogano, in allestimenti sempre diversi, con i libri della casa editrice, esposti alla portata dei curiosi, insieme ad alcuni iconici oggetti di design (dal calendario “Timor” di Enzo Mari, alla lampada “Eclisse” di Vico Magistretti e ai bizzarri oggetti in vetro di Massimo Lunardon).

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L’impressione è quella di uno spazio in costante trasformazione, difficile da inquadrare: troppo vissuta per essere solo una galleria, troppo mutevole e dispersiva per essere solo una libreria, troppo bella per essere solo la sede di una casa editrice.