Occupano spazi vuoti, cancellano il grigio dai muri della città. In pochi sanno che a Modena, quasi tutto è iniziato grazie a Icone, il festival sulla street art quando ancora si faticava a definirla tale. Eppure oggi le opere che campeggiano sulle serrande chiuse dei negozi e sotto ai cavalcavia, che colorano stazioni, muri di vecchi stadi e capannoni raccontano una storia affascinante iniziata alla fine degli anni Novanta e arrivata fino ai giorni nostri tra meraviglie e polemiche, entusiasmi e trasgressioni.

Un pezzo di Blu a Modena – Foto di Eliselle
Si chiamano Ericailcane e Bastardilla, Blu, Stak, Honet, Paper Resistance, Dem, El Euro, MrFijodor, Etnik, BizzarDee, Escif, Finsta, Francesco Barbieri, Corn79, 059, Herbert Baglione, Reqvia. Qualche anno fa venne anche Pao, a disseminare i suoi famosi pinguini disegnandoli sui panettoni della stazione dei treni e quelli al limitare del centro storico.

Un pezzo di Blu a Modena – Foto di Eliselle
Potrei elencare tantissime altre firme di chi nel corso degli anni ha contribuito a rendere alcune porzioni di Modena delle vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto. Edifici abbandonati del comparto ex Amcm, o in zona Sacca, o nel sottopassaggio pedonale della stazione, o su viale Monte Kosica, o in via del Taglio, o nella piccola stazione ferroviaria che collega Modena a Sassuolo.

Un pezzo di 059 a Modena – Foto di Eliselle

Un pezzo di Hiro Proshu a Modena – Foto di Eliselle
Sotto il cavalcavia Cialdini i piloni di cemento ora ospitano, tra gli altri, un’opera a quattro mani di Bastardilla e Ericailcane, con un impatto fortissimo per la scelta dei colori e dei soggetti raffigurati: quel bambino rannicchiato che insieme a tanti piccoli coniglietti si diverte a dare fuoco a un’auto, lascia una sensazione di straniamento, quasi fosse un gioco pericoloso per bruciare le imposizioni della società.