Allotria è un neologismo formato dalla fusione di alloggio e trattoria. L’hanno inventato i primi turisti tedeschi in visita a Riccione, negli anni ’50, che visitavano la trattoria alloggio di Tonino Rastelli. Furono sempre i tedeschi a portare sdraio e ombrellone, a pochi passi dall’osteria Allotria, per godersi la spiaggia prima e dopo i pasti. Dicono che qua i tedeschi si sentissero così a casa da prendere il posto dei camerieri, accogliendo i clienti e apparecchiando i tavoli di loro iniziativa. Comincia così il mio piccolo viaggio nella Riccione delle osterie di mare, attraverso storie raccontate da uomini di mare, di fronte a piatti di mare.
“Le ricette sono sempre quelle” ci racconta oggi Claudio, per tutti Clod, il nipote di Tonino, “È rimasta l’atmosfera originale e anche qualche cuoca storica in cucina. Io ho lavorato sul bar”. Il suo legame con il mare è dichiarato da una piccola lisca di pesce (presente anche nel logo del locale) disegnata dietro all’orecchio destro.
Le pareti sono tappezzate di foto in bianco e nero, d’epoca e non. C’è lo staff che posa sorridente sul bancone stagione dopo stagione e c’è lo zio di Clod che intona serenate agli avventori tedeschi che ridono divertiti. Ma tra le foto c’è anche il mare, il protagonista indiscusso di tutte queste avventure.
Colpiscono le immagini in cui emerge tutta la sua forza distruttiva e quello che lascia in spiaggia dopo l’uragano: pavimentazione disintegrata, porte sfondate, tettoie divelte. “Ci si rimbocca le maniche ogni volta”, esclama Clod.
Da Allotria l’atmosfera è informale, si mangia con i piedi sulla sabbia e i piatti sono serviti su tovagliette a scacchi rossi e bianchi. A rendere più conviviali le tavolate degli amici ci sono secchielli colmi di ghiaccio e cocktail con lunghe cannucce colorate per condividere il divertimento. L’idea di Clod di abbinare cocktail ai piatti di pesce funziona.
Che un buon Prosecco, leggero e delicato aiutasse a contrastare l’unto del fritto già lo sapevo. Ma che il fritto di pesce diventasse da passeggio, in un cuoppo di piadina, mi mancava. Siamo da Zamarèn a Cattolica, proprio sul porto, dove il profumo di mare è più penetrante. “Per trovare la presentazione che mi convincesse, ho dovuto mangiare chili di fritto” confessa Alberto che, insieme alla mamma cuoca, sperimentava a casa come rendere unico il loro menù, “finché non è arrivata l’ispirazione dal cartoccio napoletano”.
Nella friggitrice c’è il pesce dell’Adriatico, lo stesso che il nonno portava a casa per i nipoti. “Mio nonno ha sempre vissuto qua al porto” racconta Alberto “e ancora oggi esce con la sua barca per pescare sarde e sogliole.”
I coni fritti sono molto fotogienici e li puoi mangiare sui tavolini vista barche o portarli in spiaggia. Alberto mi osserva mentre cerco di affrontarli, “Mi diverte sempre vedere come fanno i clienti” ammette.
Da queste parti, la sapienza nel cucinare il pesce si impara a casa. “Mi ha insegnato il mio povero babbo a cuocere gli spiedini così” conferma Sergio, titolare del Gher, che non molla un attimo i suoi “foconi”. La sua storia comincia molto lontano, circa 80 anni fa, quando Elviro (soprannominato e Gher, il ghiro) e sua moglie Caterina andavano per mare a pescare il pesce che rivendevano al mercato. Scrutando l’orizzonte, decidono di aprire un chiosco dove offrire il pesce ai primi “villeggianti”, proprio lì sul molo di Riccione.
Il papà di Sergio conosce il metodo con cui i vecchi pescatori arrostivano il pesce, direttamente sulla spiaggia e così inventa i grandi fornelli rialzati dove spiedini di gamberetti, calamari, seppiolini e sarde vengono disposti verticalmente sulla sabbia intorno ad un pugno di braci.
Gli spiedini sono divini, i più buoni mai mangiati. “Con questa cottura il calore arriva allo spiedino in maniera più omogenea e il fumo esce ai lati” ma, sottolinea Sergio, “è il pesce buono a fare la differenza!”
Un altro tramonto a pelo d’acqua. I camerieri qui sono cerimoniosi, impeccabili nelle loro camicie azzurre. Risuonano le ballate degli anni “80; non so chi le canta ma le ho già sentite. L’atmosfera è nostalgica e in lontananza immagino le barche rientrare a casa dalla pesca (forse è il nonno di Alberto?) Sono storie che raccontano l’amore per il mare e la dedizione della famiglia… e il mio spaghetto allo scoglio assume tutto un altro sapore.
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