Ci troviamo a bordo di una piccola barca a vela a breve distanza dalla costa. Il mare è calmo, anche se la luce del sole evidenzia alcune macchie che increspano l’acqua e confondono la prospettiva. A riva, alcuni palazzi sormontati da insegne troppo piccole per riuscire a leggerle. A bordo tre ragazzi in posizione statuaria, tutti con un berretto da marinaio: due guardano verso la spiaggia, uno fisso in camera con un’espressione scontrosa. In calce: Lido di Jesolo, veduta dal mare, 1954.
Lido di Jesolo, 2018. Siamo in Via La Bassa nel capannone di Castagnotto, piena area industriale, in una delle più grosse aziende ortofrutticole all’ingrosso della città. Ad accogliermi è Silvio, il titolare. Quando entro, lo intravedo tra una pila di cassette di insalata e i cartoni dei meloni. Intorno a lui, appese su tutti i lati, centinaia di cartoline:“Tutto è nato perché dovevo addobbare l’ufficio dell’azienda. Invece dei soliti cartelloni con mele e pere, mi è venuta l’idea di metterci qualche foto di Jesolo. Vedevo che la gente recepiva, ho voluto sviluppare una collezione. Oggi sono tremilatrecento”.
Testimonianze immobili dell’estate italiana sull’Adriatico, le cartoline di Silvio sono state collezionate in venticinque anni grazie agli scantinati delle nonne di amici, mercatini e fiere di antiquariato: “La prima risale al 1890. La raccolta si estende fino agli anni Settanta, a quelle dopo ci penserà chi viene dopo di me. Anche se ormai si mandano i uostap, non le cartoline. In alcuni casi sono nuove, ma spesso sono scritte – Silvio mi osserva furbescamente – Le legga pure. Dopo sessant’anni, non esistono segreti”.
Grand Hotel, costumi interi e vecchie automobili si mescolano a pedalò e insegne di Aperol e Coca Cola, in una scala di grigi che nel tempo si arricchisce di colori stemperati. Una foto del 1958 mostra la spiaggia del Faro adibita a campeggio – l’unica dove anche oggi sia possibile trovare ogni tanto qualche tenda solitaria.
In uno scatto sfuocato del 1945 reperito a Oderzo riprende vita una gara di corsa con gli asini a Jesolo Paese, Silvio lo ha posizionato vicino a una cartolina dei festeggiamenti del carnevale del 1956.
“Qui – continua a raccontare il collezionista di paesaggi andati – vede Piazza Marconi in costruzione, la prima che i turisti raggiungevano all’arrivo e anche oggi una delle più storiche. E qui il Bagni, uno dei primissimi alberghi a Jesolo. E ancora l’Hotel Treviso, uno degli ultimi ad essere abbattuti, dove oggi sorgono le torri di Piazza Drago”.
Silvio mi indica un’altra cartolina che ha fatto ingrandire appesa sopra a numerose varietà di arance, un raro scatto aereo dell’ospedale appena dopo la Prima Guerra: a pochi metri dal mare, un fitto reticolato nero testimonia la presenza di due binari del treno. “Servivano per portare tutto il necessario direttamente in ospedale. Quando hanno costruito i pontili, non si sono spiegati questo ritrovamento. Bastava che venissero qui”.
Ti ricordo, Saluti dal mare, Baci e saluti. Le parole dietro alle cartoline si ripetono pressoché uguali, una profusione di brevi saluti e baci destinati a salpare dal litorale verso l’entroterra veneto, qualche cittadina lombarda o, in misura minore, la Germania.
“In molti mettevano un asterisco sull’immagine con la biro e dietro riportavano: Ecco dove sono alloggiato io. Ho recuperato anche quelle che mio fratello mandava alla fidanzata a Cremona. Dopo quasi trent’anni, sono ritornate al punto di partenza”.
La chiesetta di Lio Maggiore, le vecchie mura tutt’oggi percorribili, i villaggi marini e le colonie: un catalogo di luoghi e date, appuntato a mano dietro a ordini passati di rapanelli e uva bianca.
Silvio è consapevole che la sua raccolta è una testimonianza preziosa, un racconto formato A6 dello sviluppo della città: “Ho cercato di ricostruire il più possibile tutti i luoghi raffigurati, soprattutto perché molti non esistono più. Proprio l’anno scorso, due signore veronesi di settant’anni sono tornate a Jesolo dopo esserci state l’ultima volta da bambine, solo per rivedere la colonia Carmen Flova. Sono arrivate da me perché qualcuno aveva detto loro che questo era l’unico luogo dove avrebbero potuto ritrovarla, e così è stato. Sono andate via piangendo. E non sono state le uniche”.
Nonostante la ricchezza della raccolta a Silvio manca una cartolina precisa, trovata la quale ritiene che la collezione sarà definitivamente conclusa: “Una foto dall’esterno del famoso ristorante ai Do Fogheri. L’unico aperto anche d’inverno, punto di ritrovo dei famosi mediatori. Personaggi che ascoltavano che aria tirava, che proposte giravano. Se scoprivano che qualcuno voleva vendere un albergo o un’attività, offrivano l’affare a chi ritenevano potesse essere interessato. Intermediari, anche queste figure che oggi non ci sono più”.
Mentre sto andando via, noto un cartello che ammonisce potenziali fotografi: Non chiedeteci di fotografare le cartoline. Sarebbe spiacevole dovervi dire di no.
“Non ci badi, signorina – conclude Castagnotto – Fotografi e guardi quello che vuole. Sono solo un po’ geloso”.