«Erano due anni che cercavo Atlantide. Ora finalmente l’ho trovata. Ce l’ho qui, nel sacchetto». Dall’involucro che ha tra le mani, il ragazzo con cui sto parlando estrae piano un volume: in copertina, sui resti fiocamente illuminati della città sommersa, campeggia in giallo il titolo “Il tempio”, edizione a fumetti dell’opera di Lovecraft.
Siamo fra le bancarelle della mostra mercato all’interno dell’ex Questura di Treviso, riaperta al pubblico dopo quasi dieci anni in occasione della XVI edizione del Treviso Comic Book Festival 2019: quattro giorni, quindici mostre di autori internazionali dislocate in tutta la città, insieme a workshop e talk e al progetto Urbs Picta, che, grazie ad artisti e disegnatori e alla disponibilità dei negozianti, anche quest’anno ha trasformato in tavole da disegno le vetrine di decine di attività in tutta la città.
«Vogliamo che sia un appuntamento per tutti, non solo per esperti», mi dice Francesca Rizzato, storica collaboratrice del festival. Quest’anno, per la prima volta, Francesca figura anche fra gli artisti in esposizione, con una mostra dedicata al cinema all’Eden Cafè.
«Da piccola, più che parlare disegnavo – racconta Francesca – Ho scelto il cinema per festeggiare i dieci anni di Cineforum Labirinto, associazione culturale trevigiana di cui ho sempre curato l’immagine. Tra tutte, sono particolarmente legata all’illustrazione di Blade Runner, perché il personaggio di Rachael mi ricorda mia sorella Elisa. Quando disegno, mi capita spesso che i volti femminili le assomiglino, forse perché è stata la mia musa ispiratrice fin da bambina. All’inaugurazione della mostra, mio papà mi si è avvicinato e mi ha chiesto: Dove hai nascosto tua sorella questa volta?».
Da Matt Forsythe a Cecile Dormeau e Thomas Campi, a vigilare sulle inaugurazioni delle mostre e sulle file per le dediche degli autori è lo sguardo imperscrutabile del germano reale disegnato da Jon McNaught per la locandina del festival.
Emergendo gigantesco dalle acque del Sile, il logo del germano reale veglia ora sulle illustrazioni della disegnatrice tedesca Nadine Redlich esposte a Spazio Solido – una stanza gremita di persone, con mattoni a vista, aperta da poco più di un anno da cinque amici architetti.
«A inizio ‘900, questo era il magazzino dello scultore Arturo Martini. Ci lasciava i cocci, ciò che non usava più. In seguito diventò la dispensa del ristorante qui vicino», spiega Massimo, uno dei fondatori. «Oggi è uno spazio per eventi che ci piace definire a bassa definizione, dove convivono le sue vite precedenti e quelle delle esposizioni che organizziamo».
È sufficiente un guanto per innescare una storia e risvegliare un ricordo, recita una frase all’interno della sale della Fondazione Benetton, che ospitano la personale dell’illustratrice Gabriella Giandelli e dove sarà presentato in anteprima nazionale il volume “Centottantasei copertine per Repubblica” (edito da Nuages): «Nelle tavole che creo, vive l’ossessione per la solitudine. Quando disegno, invento il perché della mia. Come se stessi tessendo una tela, ma usando la matita. Mi piace crearlo come se stessi tessendo una tela, ma usando la matita».
Sul grande schermo alle spalle della disegnatrice scorre una delle illustrazioni in mostra: dal cielo grigio sopra a una foresta di alberi scuri fluttuano un cappello, una sciarpa e altri oggetti personali.
«Anni fa, fui molto colpita dall’inizio di una poesia di Bertolucci: Assenza / più acuta presenza. Le persone nascono, muoiono, se ne vanno. Però transitano. A volte, disegnare il pavimento su cui sono passate le racconta molto più di un loro ritratto».
Al piano superiore di Casa Robegan, un grande ET ripieno di ovatta sta invadendo la mostra di Noemi Vola e Andrea Antinori – che, nel cortile al piano inferiore, stanno realizzando sui partecipanti tatuaggi ad acqua con i propri disegni, al ritmo della selezione del dj Roger Ramone. Nella sala accanto, una nave spaziale sta per partire contro un cielo viola. A disegnarla, lo statunitense Jason Howard, che al Treviso Comic presenta il suo ultimo libro “Cemetery Beach”.
«Tu mi chiedi quanto Detroit abbia influenzato la mia passione per la fantascienza – dice – ma io e la mia famiglia abitavamo fuori città, in campagna. La fantascienza riempiva quello che non vedevo dalla mia finestra: la prima cosa che ho disegnato da piccolo è stata una navicella sopra ai campi del Michigan».
Negli ultimi quattro anni, Giorgia Marras, italiana di stanza in Francia, ha invece seguito le tracce dell’Imperatrice d’Austria Elisabetta di Baviera – più nota al pubblico con il nome di Sissi.
«Per realizzarne la biografia illustrata, ho deciso di intraprendere un lungo viaggio nei suoi stessi luoghi. Vidi un documentario su di lei: ricordo una grafica della cartina dell’Europa, su cui Sissi era rappresentata come un pallino in continuo movimento: Vienna, Linz, Miramare, poi la Svizzera e l’Ungheria. In comune abbiamo il piacere inquieto di viaggiare da sole».
«La prima volta che io e mio marito siamo venuti a Treviso con la bancarella era il 1981», racconta alla mostra mercato Mariuccia, triestina, ottantuno anni, libraia in pensione: «Ci siamo conosciuti a una festa, lui si offrì di portarmi a casa. Restammo ore e ore in macchina a parlare di libri e fumetti».
Il marito Dario mi indica una pubblicazione appesa alle sue spalle: «La prima copia di Zio Paperone, firmata da Carl Barks. Il mio mito. Lo incontrai a Milano: era la prima volta che usciva dagli Stati Uniti e non riusciva a credere di essere conosciuto anche fuori di lì». Si interrompe, mi osserva con attenzione e aggiunge: «Sai dov’è che i fumetti ti fanno davvero immaginare? Nella linea bianca tra le vignette: è lì che immagini tutto ciò che sta fra una scena e la raffigurazione successiva. Il punto in cui costruisci il tuo personale movimento».
A pochi passi da lui, un altro venditore sta raccontando a un giovane avventore la storia del proprio fumetto preferito, “Pompei” di Frank Santoro. Si ferma appena prima dell’ultimo spazio bianco.