L’amore per la pasticceria e soprattutto la dedizione quasi religiosa, magica, che aleggia intorno alla produzione di cioccolato artigianale ha radici profonde a Torino. Senza citare nomi noti come Gobino e Peyrano o i bar storici che punteggiano il centro – da Mulassano a Baratti e Milano – Torino pullula di pasticcerie con grande storia dolciaria. È questa passione ad aver fatto sì che proprio qui prendesse vita il festival del cioccolato artigianale, CioccolaTò, che coinvolge pasticcerie e produttori da tutta Italia.
A novembre il centro della città si riempie per una decina di giorni di stand che espongono ogni forma e colore di cioccolato. Da quest’anno c’è anche il percorso alternativo Fuori di CioccolaTò che prevede un itinerario nelle pasticcerie, cioccolatieri e locali storici di quartieri. Ed è quello che ho deciso di seguire.
Quando una delle tre clienti sedute al tavolo vicino ai giornali chiede un marocchino con Nutella, Samantha fa: “Shhh, non dirlo ad alta voce. Qui abbiamo la nostra cioccolata”. È così che funziona al bar pasticceria Medico, l’artigianalità mette al bando la Nutella.
Siamo in via Martiri della Libertà 4bis. Qui, dal 1918, si sfornano sacher, paste per la colazione, mousse, gianduiotti, pasticcini, bavaresi, meringhe, gelati e soprattutto cioccolato. Le cameriere fin dalla mattina presto scherzano, ti fanno sentire a casa, si accorgono dei tagli di capelli che cambiano. Il modo in cui il pasticcere di Medico esce dal laboratorio per sistemare un vassoio di paste mi ricorda la serietà dei cioccolatai con il cappello che illustrano i loro prodotti dietro gli stand.
Ricordo ancora i primi proprietari, lui canuto e ricurvo sulla cassa, in una angolo – credo di non averlo mai visto camminare – e lei piccola e gobba che si affaccendava dietro il bancone a servire coni gelato a bimbi alti come lei. Negli anni Sessanta finanziavano il giornalino del liceo scientifico del quartiere.
Mi sposto all’Elliè Cafè, in corso Casale 96, una delle poche che ha conservato la tradizione torinese dei pasticcini mignon: funghetti, chantilly, bignole, paste alla frutta, gelatine, sì, ma tutto rigorosamente in formato mignon, tanto che un vassoio da un chilo contiene fino a 120 pasticcini.
Mantenere questa tradizione gli permette poi di sbizzarrirsi con il cioccolato: sculture e praline ai gusti tropicali come zenzero e cannella sono dei must che molti torinesi passano a comprare prima di cene e compleanni. Quelli di Elliè sono pasticcini affascinanti, fatti in scala, sembrano davvero usciti da una fiaba. Quando ero piccola pensavo che solo mani piccolissime fossero in grado di produrre oggetti del genere.
Dall’altra parte della città, in corso Bramante 61, invece, c’è Beatrice, un locale più grande e dall’atmosfera meno casalinga, ma dove i dolci sono ottimi per colazioni e merende consolatrici. Vicina agli ospedali e ad alcune scuole superiore è una specie di oasi per i cittadini che si trovano a passare da quelle parti. Da Beatrice trovate anche sfuse, in grossi barattoli di vetro marchiati, le storiche caramelle Leone, invenzione e produzione leggendaria della città. Non mancano anche le imprese più giovani, come Mara dei Boschi, gelateria e cioccolateria che in pochi anni è diventata una tappa obbligata di San Salvario, con i suoi fogli quadrati di varie tipologie di ottimo cioccolato purissimo.
Passeggio tra Piazza Castello e piazza San Carlo, cuore del festival, attirata dai miei dolci preferiti in assoluto: le scorze di arancia di diversa dimensione, ricoperte di cioccolato fondente che spesso si trovano accanto a fichi e pere anch’essi glassati.
All’orizzonte panettoni ricoperti, praline, cremini, fontane di cioccolato, e poi gli stand siciliani con torte di cioccolato agli agrumi e cannoli tempestati di cioccolato. Il festival continua fino a domenica 17 novembre, con anche una vera e propria ricostruzione di una fabbrica di cioccolato dei primi del ‘900. Concluso il festival però, come abbiamo visto, il cioccolato qui a Torino sarà sempre al centro.