Il Palazzo dei Musei e il semaforo di via Emilia Centro. Io e la mia bici, subito dopo pranzo. In giro ancora poca gente: questa per me è l’ora migliore, quando ancora riesco a godermi la pedalata quasi in solitaria. In pochi minuti raggiungo Piazza Duomo e mi fermo a osservare la bianca facciata millenaria: ogni volta che la vedo sento lo stesso tuffo al cuore che ho provato la prima volta che l’ho vista, da piccina, coi suoi bassorilievi sulle storie della Bibbia e l’immenso rosone che si apre come un fiore.
Mi allungo su Corso Canalchiaro, che col suo nome ricorda le origini liquide di Modena. Non è l’unico, nel centro storico: me lo raccontava mia nonna che questa era una città d’acqua, una piccola Venezia, e che ora i canali sono tutti sotterranei, dalla metà dell’Ottocento non si possono più vedere a occhio nudo ma ancora si innervano silenziosi sotto il tessuto urbano.
Da qui raggiungo piazza San Francesco, dove c’è una delle salumerie più rinomate della città, la Gastronomia San Francesco, quella che un tempo era della famiglia Fini, che ha esportato salumi, formaggi e aceto balsamico in tutto il mondo e continua a venderli ai modenesi da più di un secolo.
Mi sposto verso la via Emilia dove faccio una sosta allo storico bar Molinari, che da cento anni serve caffè, colazioni e aperitivi in via San Carlo. Ora i negozi sono di nuovo aperti, inizia il movimento e lo struscio del centro. È il momento di andare altrove, per me che cerco la solitudine. Inforco la bici, risalgo via Farini per raggiungere la splendida piazza dell’Accademia.
Da piazza Roma mi dirigo verso Corso Canalgrande, lo percorro tutto passando davanti al Teatro Comunale dedicato a Pavarotti, arrivo di nuovo in via Emilia e poi a sinistra fino alla piazza del Teatro Storchi: voglio vedere se nel Parco della Rimembranza c’è ancora il trenino panoramico che lo percorre inoltrandosi tra alberi centenari, viottoli quieti, chioschi e bar estivi e giostre infantili. Tutti da piccoli ci hanno fatto almeno un giretto, e vederlo ancora lì in qualche modo mi rassicura.
Decido di proseguire allontanandomi dal centro per spostarmi verso il Parco Amendola, a circa 15 minuti lungo i viali Fogliani, Guicciardini e Wiligelmo. Ci vanno gli sportivi ad allenarsi, i bambini coi nonni a giocare e a lanciare il pane alle papere nei laghetti. Faccio lo slalom tra artisti, musicisti, e veggenti che vorrebbero leggermi il futuro sulla mano o con le carte.
Mi spingo fino a Vaciglio, sul percorso ciclabile che collega Modena a Vignola sfruttando quella che un tempo era l’antica linea ferroviaria. Scavalco la tangenziale con una leggera salita e non appena scendo, dopo qualche curva ancora, mi ritrovo catapultata in un paesaggio completamente diverso: lungo questa ciclabile si arriva a Vignola, famosa per le ciliegie primaverili e per la Rocca possente. Accanto a me campi, vigneti, fortezze e alberi che si perdono a vista d’occhio. Solo di tanto in tanto incrocio qualche ciclista più serio di me, che mi saluta cordiale sbuffando sui pedali, e passa oltre, sorvolando sulla mia leggerezza.