Mattina e sera. Autunno e primavera. Quante volte mi è capitato di vedere alcuni ragazzi saltare come grilli da un muro all’altro alla fine di via Pepe, nel Quartiere Isola. Sono i ragazzi della Milan Monkeys, ovvero “le scimmie di Milano”, che hanno portato il parkour in città. La disciplina metropolitana è nata in Francia agli inizi degli anni ’80 e consiste nell’eseguire un percorso superando ogni ostacolo possibile, muri compresi.
Le scimmie si allenano al chiuso nella loro sede in zona Niguarda e all’aperto dove capita. Da Garibaldi a Sant’Ambrogio, da Bonola a San Siro passando per la Bicocca, la palestra è a cielo aperto. Come racconta Davide Polli, presidente dell’associazione e tra i fondatori della Milan Monkeys che a dieci anni dall’importazione della pratica sportiva a Milano ci spiega perché il parkour è alla portata di tutti, grandi e piccini, senza distinzione di sesso.
Un’attività che rafforza corpo e mente, aiuta a conoscere i sé stessi, a capire quali sono i propri limiti e quali obiettivi fisici sono raggiungibili. Attenzione solo a non confonderla con il freerunning.

Credit: Milan Monkeys

Credit: Milan Monkeys
EVERYDAYLIFE: Perché avete deciso di aprire una scuola e l’associazione?
DAVIDE: Nel 2006, quando ancora in Italia non si sapeva che cosa fosse il parkour, siamo partiti come gruppo informale. Poi, a poco a poco, l’interesse nella disciplina è aumentato, tanto da convincerci a organizzare degli incontri per decine di persone. Da lì è nata l’esigenza di fondare l’associazione, principalmente per questioni assicurative e anche per garantire un’immagine più istituzionale all’attività.

Credit: Milan Monkeys

Credit: Milan Monkeys
EVERYDAYLIFE: In quanto tempo avete conquistato i milanesi?
DAVIDE: Dopo tre anni di incontri gratuiti, ci siamo resi conto che serviva maggiore formazione da parte nostra, proprio per far fronte a parecchie richieste. Abbiamo deciso di andare a incontrare i fondatori della disciplina in Inghilterra e in Francia per confrontarci, comprendere i diversi metodi di allenamento. Fino a creare il nostro, che è quello che oggi proponiamo agli allievi.
EVERYDAYLIFE: Come sono i fondatori del parkour?
DAVIDE: Giovani come la disciplina. E questo è stato un vantaggio.

Credit: Matteo Cappè
EVERYDAYLIFE: Che cosa si deve fare per muovere i primi passi, anzi i primi salti?
DAVIDE: Premessa necessaria: il parkour è un allenamento naturale, che insegna a uomini e donne a superare gli ostacoli nella maniera più semplice possibile.
EVERYDAYLIFE: Quanto naturale?
DAVIDE: Basti pensare che deriva da un metodo studiato alla fine dell’800. Il signor George Hébert, ovvero il responsabile della preparazione atletica delle milizie francesi durante il colonialismo, si rese conto che gli aborigeni si adattavano meglio all’ambiente circostante, avevano un’efficienza di movimento e una resistenza maggiore rispetto alle sue truppe. Eppure, queste ultime godevano delle attrezzature più all’avanguardia per l’epoca. Allora, ideò quello che oggi è conosciuto come “metodo naturale”, ovvero un allenamento basato sulle cinque attività primarie che servono all’uomo per sopravvivere in natura, appunto: la corsa, l’arrampicata, il salto, il nuoto e il combattimento. Il parkour deriva dalle prime tre, il che ti fa capire quanto sia legato all’osservazione dei movimenti.

Credit: Matteo Cappè
EVERYDAYLIFE: È davvero uno sport adatto a tutti?
DAVIDE: Assolutamente sì. Si tratta di un percorso personale e lo dice il nome stesso. Chi si avvicina alla disciplina deve basarsi esclusivamente sulle sue esigenze e sulle sue caratteristiche fisiche. Certo, bisogna valutare il tipo di traguardo che si propone. È naturale che, se ci si avvicina al parkour da bambini, si avrà più tempo per migliorare, crescere; se, invece, si parte a praticarlo a 60 anni, lo scopo è differente e ci si dovrà prefiggere degli obiettivi raggiungibili. Per noi il traguardo sta nel miglioramento fisico e mentale, nell’approccio all’ostacolo e nell’individuazione della soluzione nel miglior tempo possibile.
EVERYDAYLIFE: Quanta testa bisogna metterci?
DAVIDE: È fondamentale per l’approccio e per la costanza, come in qualsiasi altra attività. Ma nel parkour lo è particolarmente, perché si va a lavorare sulla precisione e sull’equilibrio nel rispetto di sé stessi. È fondamentale che la testa sia sempre ben presente. L’unico vero problema reale è come viene veicolata oggi l’informazione circa la nostra attività: si vede un video su internet e si traggono delle conclusioni. Mi spiego meglio: è come se una persona, dopo aver visto la moto GP, prendesse il motorino e sfrecciasse stile Valentino Rossi in pista. Il buon senso vuole che Valentino Rossi pratichi questo sport dall’età di 4 anni: altro che emularlo! Ecco, spesso non scatta o stesso ragionamento in materia di parkour. I media sono più forti e riescono a raggiungere più persone rispetto a quante non ne raggiungano le associazioni, che – cosa importante – ti formano anche a livello psicologico.